Libertà d’associarsi: quando la burocrazia soffoca la cultura


 

Libertà d’associarsi: quando la burocrazia soffoca la cultura

Viviamo in un Paese che ha fatto della libertà d’associazione uno dei pilastri della propria democrazia.
Lo afferma chiaramente la Costituzione italiana, all’articolo 18:

“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.”

Una frase semplice, limpida, di una bellezza quasi poetica.
Eppure, dietro quelle parole che dovrebbero garantire la piena libertà di unirsi per creare, collaborare o condividere passioni, si nasconde oggi un labirinto di burocrazia, codici fiscali, moduli, registrazioni, contabilità, partite IVA.


Dalla libertà alla formalità

Nel dopoguerra, il diritto d’associarsi nacque per dare voce ai cittadini.
Era l’idea che chiunque potesse unirsi ad altri per promuovere cultura, solidarietà o impegno civile, senza chiedere permesso a nessuno.
Un gesto semplice: incontrarsi, discutere, creare.

Oggi, invece, anche una piccola iniziativa culturale tra amici rischia di trovarsi davanti a un muro di adempimenti: servono codici fiscali, statuti registrati, contabilità, magari anche una partita IVA se si organizza un evento pubblico.

Ciò che dovrebbe nascere come atto spontaneo di libertà e condivisione diventa spesso un percorso ad ostacoli, dove la creatività deve chiedere il permesso di esistere.


L’arte non è un bilancio

C’è un equivoco di fondo: la cultura viene trattata come un’attività economica, anziché come un bene comune.
Ma la cultura non è un’azienda.
Non tutto ciò che produce valore deve produrre profitto.

L’arte, la musica, la letteratura, la solidarietà, sono esperienze che arricchiscono la società, anche quando non generano reddito.
Eppure, nel linguaggio amministrativo, la loro esistenza deve essere “inquadrata”, “fiscalmente riconosciuta”, “autorizzata”.

Il risultato?
Molti rinunciano a realizzare progetti culturali, scoraggiati dalla complessità delle norme.
Altri si muovono in una zona grigia, oscillando tra la passione e la paura di “non essere in regola”.
Un paradosso: la Costituzione promette libertà, ma la prassi la limita con moduli e timbri.


Il rischio di un Paese disabituato alla libertà

Quando la burocrazia si sostituisce al senso civico,
quando un atto di collaborazione deve essere certificato da un numero fiscale,
si perde qualcosa di prezioso: la spontaneità collettiva, la capacità dei cittadini di unirsi liberamente per costruire cultura.

Non è una questione economica, ma una questione di democrazia.
La libertà d’associarsi non dovrebbe essere subordinata a vincoli amministrativi,
così come la libertà d’espressione non deve dipendere da una licenza per parlare.


Tornare al significato originario

Forse è il momento di fermarsi e riflettere.
Di tornare a leggere la Costituzione non come un documento astratto,
ma come un manifesto vivo di libertà.

L’associazione, nel suo senso più puro, è un incontro di persone unite da una passione comune, non un soggetto da fiscalizzare.
È un atto civile, un gesto di fiducia, un modo per condividere valori, arte, idee.

Non si tratta di essere contro le regole, ma di ricordare che la legge deve servire la libertà, non soffocarla.


Per una nuova consapevolezza culturale

Riconoscere questo squilibrio non significa rifiutare ogni forma di regolamentazione,
ma chiedere che la burocrazia torni al suo ruolo originario: quello di strumento, non di ostacolo.

La libertà d’associarsi, d’esprimersi, di creare insieme è una delle forme più alte di cittadinanza attiva.
Difenderla significa difendere la possibilità, per ognuno di noi, di contribuire alla bellezza e alla crescita del Paese senza dover chiedere autorizzazioni per sognare.


Riscopriamo la libertà di unirci

Forse è tempo di una rivoluzione silenziosa:
non contro lo Stato, ma a favore della libertà.
Una rivoluzione fatta di persone che scelgono di collaborare, di creare, di condividere cultura,
nonostante la burocrazia — e proprio per questo, nel pieno spirito della Costituzione.

Perché associarsi è un diritto, non un modulo.
E ogni volta che due persone si uniscono per creare qualcosa di bello,
stanno già esercitando la forma più autentica di libertà.


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